Il tarassaco (Taraxacum officinalae) è una pianta officinale epatoprotettiva e vulneraria, cioè con proprietà cicatrizzanti di piaghe e ferite, per la presenza di un fitocomplesso comprendente alcoli triterpenici (tarasserolo), steroli, vitamine (A,B,C,D), inulina, principi amari (tarassacina), sali minerali.
La millenaria Medicina Tradizionale Cinese lo utilizza come depurativo in grado di purificare l’organismo ed eliminare le tossine per un benessere fisico immediato.
Già nel medioevo, secondo la Teoria delle Segnature, poiché il fiore è giallo come la bile, si usava come rimedio del fegato. Evidenze scientifiche hanno poi confermato questa teoria.
Grazie all’azione di un alcaloide, il tarassosterolo, esplica un’azione depurativa efficace nei casi di caduta dei capelli associata a un accumulo di tossine nell’organismo, antinfiammatoria nei problemi di artrite e reumatismi, utile in caso di insufficienze epatiche, squilibri della funzione pancreatica (aumenta la secrezione di insulina da parte del pancreas), e le sue foglie, con proprietà diuretiche, si rivelano efficaci contro ritenzione idrica, cellulite e infezioni delle vie urinarie.
La radice del tarassaco possiede proprietà depurative, in quanto stimola la funzionalità biliare, epatica e renale.
Viene consumato sotto forma di decotto, nei risotti, nelle frittate o per insaporire le insalate crude e cotte utilizzando le foglie fresche e i capolini fioriti .
Il tarassaco è controindicato in caso di gastrite, ulcera e calcolosi biliare.
Si sono registrate interazioni con alcuni farmaci come i diuretici.

Caratteristiche agronomiche:
Il tarassaco è una pianta erbacea perenne, di altezza compresa tra i 3–9 cm., dotata di una grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei. I frutti sono acheni, provvisti del caratteristico pappo: un ciuffo di peli bianchi, originatosi dal calice modificato, che, agendo come un paracadute, agevola col vento la dispersione del seme, quando questo si stacca dal capolino.
Considerato un’erbaccia nei prati coltivati e nelle coltivazioni intensive, è stato rivalutato negli attuali giardini “très chic” che si ispirano a quelli dell’architetto paesaggista Piet Oudolf: angoli di fiori selvatici ed erbe perenni dove insetti utili (coccinelle e api) e uccellini si possono nutrire, nascondere e riprodurre.
Articolo: Dott.ssa Agr. Brigida Spataro
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