I neonicotinoidi, insetticidi fortemente neurotossici, introdotti come alternativa sicura al DDT, non sono l’unica classe di pesticidi collegati a pesanti effetti negativi per l’ecosistema e le popolazioni di insetti impollinatori; tuttavia è stato ormai accertato dall’Environmental Protection Agency e dall’ EPA, che sono direttamente responsabili del cosiddetto “colony collapse disorder” per cui intere colonie di api muoiono senza alcuna causa evidente.
Per questo motivo nel Maryland è già stata approvata una legge che vieta la vendita al dettaglio di pesticidi neonicotinoidi dal 2018.
In ottemperanza a queste evidenze documentali il colosso dei pesticidi neonicotinoidi imidacloprid, clothianidin e dinotefuran, Scotts Miracle-Gro Co. ha dichiarato che eliminerà questi pesticidi per il prato inglese, la cura del giardino e l’uso per la casa dal suo marchio Ortho entro il 2017.
Del resto diversi studi (tra cui quello EPA) mostrano che non ci sono benefici per la produzione quando si utilizzano questi pesticidi.
Dennis Van Engelsdorp, entomologo dell’Università del Maryland, ha dichiarato di non essere convinto che i neonicotinoidi siano una delle principali cause della perdita di colonie, ma crede che gli agricoltori si affidino troppo pesantemente ai pesticidi contro parassiti che sono semplicemente molto scarsi o inesistenti nel paesaggio.
Nel Trattato internazionale Convention on Biological Diversity adottato nel 1992 al fine di tutelare la biodiversità basata proprio sulla presa di coscienza del valore intrinseco della biodiversità e delle sue componenti ecologiche, genetiche, sociali, economiche, scientifiche, educative, culturali, ricreative ed estetiche, ratificata ad oggi da 196 paesi, già si faceva riferimento alle pratiche agricole atte invece a favorire gli equilibri naturali ed aumentare la biodiversità, poiché molti attacchi parassitari sono conseguenza di una errata gestione dell’ambiente e del territorio.
Nei Manuali e Linee Guida ISPRA viene dichiarato espressamente: “Dove l’agricoltura è intensiva l’impatto sull’ambiente crea grossi squilibri: le lavorazioni, il diserbo, l’asportazione della materia organica, le concimazioni con prodotti di sintesi impoveriscono il suolo dal punto di vista chimico, strutturale e biologico. Inoltre, le aree agricole fertilizzate con azoto e diserbate perdono la ricchezza della vegetazione spontanea a favore delle monocolture. In questo modo sono distrutti gli habitat per molti insetti e fauna, utili proprio alla difesa delle colture stesse. Per questo motivo le buone pratiche attuali, oltre a promuovere la riduzione di input, prevedono di seminare ai margini dei campi coltivati fasce di fiori spontanei, o di creare delle siepi di arbusti, proprio per aumentare la presenza di impollinatori e di altri insetti utili che migliorino la resilienza dell’agroecosistema“
Infatti l’agricoltura biologica multifunzionale, rispettosa dell’ambiente e della vita sa mantenere e preservare la biodiversità poiché garantisce la presenza di insetti utili e organismi utili, creando le basi e i presupposti per ridurre al minimo eventuali interventi antiparassitari.
Dott.ssa Agr. Brigida Spataro
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