Per l’accesso ai 2,3 miliardi previsti dal Piano di sviluppo rurale è stato introdotto un nuovo parametro: “reddito lordo standard”.
Il nuovo requisito prevede il possesso, per chi vuole chiedere un finanziamento nell’ambito del Psr, di un reddito complessivo lordo standard pari ad € 15.000,00.
Tale reddito è il risultato del valore “per ettaro” dei differenti tipi di coltivazione.
Ecco che, a titolo esemplificativo, un ettaro di seminativo ha un valore pari ad € 730, 00: servono quindi almeno 20 ettari di terreno per partecipare ai bandi. Una condizione simile per diversi tipi di colture.
Apparentemente, con i finanziamenti europei si cerca di aiutare il comparto agricolo, ma la realtà è differente. Tale parametro elimina la possibilità di accesso ai suddetti finanziamenti soprattutto a piccoli e nuovi produttori.
Ciò in quanto, ad essere in possesso di 20 ettari di terreno di seminato, o diversi ettari per altre colture, sono la minoranza degli agricoltori. In particolare, in alcune regioni come la Sicilia dove i possedimenti sono molto frammentati.
Proprio nell’Isola, la stessa Regione nelle oltre mille pagine del nuovo Piano di sviluppo rurale dà una chiara fotografia della situazione agricola, affermando che: “Esaminando la distribuzione delle aziende per classi di dimensione fisica ed economica si confermano i fenomeni di polverizzazione strutturale ed economica del sistema agricolo siciliano: il 53% delle aziende ha una Sau (superficie agricola) inferiore a due ettari, il 49,4% una produzione standard (PS) inferiore a 4 mila euro”.
Da ciò ne consegue che oltre la metà degli agricoltori siciliani sono ben lontani dai requisiti richiesti per accedere ai finanziamenti.
Analizzando nello specifico le ripercussioni sullo sviluppo del settore, appare evidente che
l’insediamento dei giovani è concesso solo a chi subentra in un’azienda produttiva mentre restano esclusi coloro i quali vogliono insediarsi ex novo in agricoltura.
La soluzione? La politica regionale deve mettere in atto un piano strategico supplementare.
Nella storia sono stati sempre i piccoli proprietari contadini ad essere particolarmente attenti al territorio ed alla stabilità strutturale del terreno, oltre che alla biodiversità, a differenza dei latifondisti che hanno sempre praticato agricoltura intensiva a scapito dell’attenzione a tutte le pratiche agricole che stabilizzano il terreno.
Articolo e foto: Dott.ssa Stefania Mangiapane