La Procura di Lecce ha sequestrato tutti gli ulivi da abbattere immediatamente individuati nel Piano Silletti con ordinanza del commissario del 10 dicembre 2015 ed ha aperto un’indagine su dieci responsabili accusati di diffusione colposa di una malattia delle piante, inquinamento ambientale colposo, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
Tra gli indagati riportati nel decreto con cui le pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci hanno disposto il sequestro preventivo d’urgenza di tutte le piante di ulivo interessate dalle operazioni di rimozione immediata secondo il Piano Silletti figurano: il Commissario Straordinario per l’emergenza fitosanitaria Giuseppe Silletti comandante regionale del Corpo Forestale, l’attuale dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale, Antonio Guario e Silvio Schito; Giuseppe D’Onghia, dirigente del Servizio Agricoltura Area politiche per lo sviluppo rurale della Regione Puglia; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Nicola Savino, docente dell’Università di Bari e direttore del Centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo; Franco Nigro, docente di Patologia vegetale presso Università di Bari; Donato Boscia, responsabile della sede operativa dell’Istituto per la protezione sostenibile delle Piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice presso lo stesso istituto del Cnr; Franco Valentini, ricercatore presso lo Iam di Valenzano.
Dalle analisi, fatte svolgere dalla Procura su ulivi di San Marzano (Ta) e Giovinazzo (Ba), con gli stessi sintomi delle piante salentine l’esito è risultato negativo a riprova che “la sintomatologia del grave disseccamento degli alberi di ulivo non è necessariamente associata alla presenza del batterio, così come d’altronde non è , ancora allo stato, dimostrato che sia il batterio, e solo il batterio, la causa del disseccamento”.
L’allarme per la presunta propagazione pandemica della Xylella Fastidiosa (endemica e da sempre asintomatica in Puglia) aveva indotto tutti i paesi a bloccare l’export pugliese dei prodotti agricoli e delle piante sane di olivo, vite e vari fruttiferi in Francia, Algeria e molte regioni italiane, nonostante nella storia agronomica si verifichi ciclicamente a distanza di molti decenni qualche epidemia superata naturalmente grazie alle fisiologiche capacità immunitario-rigenerative proprie di ogni vegetale in armonia col proprio habitat naturale, come dimostra l’esistenza di moltissimi olivi plurisecolari.
Una razionale analisi reale dei fatti avrebbe evitato lo stato alterato di emergenza fitosanitaria che ha portato a pianificare un piano antixylella drammatico senza neppure attendere il necessario Saggio di patogenicità.
La presunta emergenza Xylella, correlata all’urgenza di irrorare insetticidi, disseccanti e pesticidi, ha di fatto sospeso il diritto, sancito con l’Art. 32 della Costituzione italiana, di tutela della salute delle persone (tale tutela è imprescindibile dalla tutela dell’ecosistema in cui gli uomini vivono) e
disatteso la Legge dello Stato 14 gennaio 2013, n. 10, in particolare “Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale”.
Precisamente il piano antixylella, ingiustificabile e incongruente, prevedeva:
- L’eradicazione degli alberi colpiti da sintomatologia di secco in alcuni rami, nonostante leggi nazionali, regionali e la normativa europea escludano la pratica della eradicazione degli alberi.
- L’uso di pesticidi letali anche per insetti utilissimi come le api e una specie antichissima dell’entomofauna salentina, il cicadellidePhilaenus spumarius, additato senza evidenze scientifiche come responsabile vettore di una patologia che gli studi dimostrano essere collegata a fattori diversi.
- L’eliminazione della flora spontanea, cioè dell’ecosistema, con l’interruzione dell’equilibrio legato agli uccelli insettivori, e conseguente proliferazione di insetti autoctoni latenti come la Zeuzera pirina, causa certa del disseccamento di alcuni rami, dove i suoi bruchi creano fori in cui si insediano funghi patogeni;
- la distruzione delle piante bloccate ingiustamente all’interno dei vivai, nonostante siano sane.
L’agricoltura convenzionale, in sintonia con il piano antixylella, prevedeva, infatti, pratiche di fertilizzazione chimica, di disseccamento con glifosate, di fungicidi che, insieme, eliminano del tutto la biodiversità, soprattutto lombrichi e microbiota, nonché uccelli insettivori come il picchio degli olivi (Jynx torquilla) che con la sua lunghissima lingua catturava i bruchi xilofagi.
I contadini pugliesi che praticano agricoltura biologica tradizionale hanno, invece, dimostrato che la sintomatologia di secco, nelle loro aziende, è un problema molto circoscritto e facilmente superabile grazie alle potature minime e all’irrorazione di poltiglia bordolese. I nuovi germogli non danno segni di nuove bruciature o disseccamenti dei rami.
Va focalizzata infine la pressione esercitata da un noto colosso biotech che opera con solerzia in Puglia ed ha tutto l’interesse a indurre gli agricoltori ad abbandonare il patrimonio arboreo ed erbaceo storico e l’agricoltura tradizionale per sostituirla con piante brevettate e G.M. presentate come resistenti.
Ma adesso finalmente si apre uno spiraglio di giustizia che illuminerà i contorni di questa ambigua emergenza fitosanitaria.
Dott. Agr. Brigida Spataro
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