Accordo CETA: un regalo al commercio dei giganti multinazionali che schiaccerà le economie locali?

Il presidente dell’Unione Europea, Jean-Claude Junker, il 30 ottobre 2016 ha firmato l’accordo economico commerciale CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) con il Canada.

In questo trattato vengono definiti gli standard per altri accordi e si sancisce la soppressione del 98% delle barriere tariffarie tra le parti; inoltre, grazie all’intervento della Vallonia, le Isds (“Investor to State dispute settlement”, corti arbitrarie private e semisegrete con il potere di risarcire le multinazionali dei mancati profitti se uno Stato adotta politiche contrarie ai loro interessi e sulle quali le leggi e la politica nazionale non hanno alcun potere di intervento) adottate negli altri TTP, sono sostituite da tribunali internazionali.

Il Primo ministro del Canada, Justin Pierre James Trudeau, ha sottolineato come ” i legami che ci uniscono vanno al di là della cooperazione economica” e l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini, lo definisce ”un accordo molto importante e molto avanzato, utile per le economie di entrambe le parti”; tuttavia nel CETA sono del tutto assenti le direttive sulla tutela ambientale, per cui rimane la preoccupazione che, nell’assenza di garanzie, le multinazionali dell’agroindustria promotrici di tale accordo siano nelle condizioni di ostacolare pesantemente le produzioni agricole locali, considerato che, come riferisce il rapporto Contadini europei in svendita (redatto dall’organizzazione Friends of the Earth Europe) da tempo le corporazioni transatlantiche “apertamente chiedono all’Europa di indebolire i sistemi di protezione in ambiti quali l’approvazione di cibo Ogm, le regole sulla sicurezza dei pesticidi, il veto sugli ormoni e i lavaggi anti-patogeni nella produzione di carni”.

Qualche segnale, preludio all’eliminazione delle barriere commerciali, si è notato in alcune direttive UE:

  • per qualificare l’olio d’oliva evo italiano bastano percentuali anche inferiori al 10%;
  • deroga sull’obbligo dell’indicazione della data di imbottigliamento e del limite dei 18 mesi specificabili facoltativamente dai produttori;
  • deregualtion degli incentivi europei sulla coltivazione di frumento cosicché la produzione nazionale non copre più il fabbisogno dell’industria molitoria e dei produttori di pasta con un deficit del 40 per cento che importiamo dal Canada, nonostante sia contaminata di pesticidi e di glifosato (usato per essiccare artificialmente il grano);
  • l’abolizione del monopolio nella produzione delle “fascette” che cingono il collo delle bottiglie di vino finalizzate ad autenticare il prodotto (sul quale viene apposto il sigillo di Stato) e della leva di controllo anticontraffazione.

Il CETA ha, sicuramente, il potere di mettere in discussione le legislazioni nazionali, scavalcando anche la libera volontà dei rappresentanti dei cittadini.

Si sperimenterà, comunque, l’applicazione provvisoria, nell’attesa della Plenaria del Parlamento europeo (sessione del 16-19 gennaio).

Dott.ssa Agr. Brigida Spataro

 

FOTO: https://stop-ttip.org/wp-content/uploads/2016/05/1_Getorganized.jpg

 

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