Accordo CETA: lacune testuali e paura di una deregolamentazione incontrollata

Il 15 febbraio si vota al Parlamento Europeo sul CETA, l’accordo di libero scambio tra Canada e UE.

Ben 1600 pagine dense di concreti pericoli per la salute dei cittadini e per l’ambiente.

In particolare, in Italia il rischio di ingresso di OGM e pesticidi attualmente vietati è altamente probabile. Ne deriverà anche la conseguente importazione di prodotti derivati da animali trattati con ormoni della crescita.

Le numerose rassicurazioni di Roma e Bruxelles non trovano riscontro con la l’attenta lettura del suddetto testo.  Un esempio? Prendiamo l’allegato 5-D, che traccia le linee guida per il riconoscimento di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie nei due Paesi.

Secondo quanto stabilito dal CETA, è possibile ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto, senza che lo stesso possa ricevere ulteriori nuovi controlli nel Paese in cui verrà venduto, qualora si dimostri «oggettivamente» la sostanziale equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte.

Ma come si valuta la sostanziale equivalenza? In base ad una serie di criteri o linee guida.

Purtroppo nel testo del CETA non sono state definite. Proprio così: nel  paragrafo relativo alla  determinazione ed al riconoscimento dell’equivalenza si legge testualmente «Saranno concordate in un secondo momento».

Ecco che nonostante le parole rassicuranti sulla bontà di tale accordo, le lacune testuali nonché  le espressioni vaghe dimostrano che l’unica intenzione è quella di spalancare le porte ad una deregolamentazione incontrollata.

Staremo a vedere (forse inermi) l’ennesimo tentativo da parte del Parlamento Europeo di mettere la testa dei cittadini sotto la scure delle grandi multinazionali.

A cura di Stefania Mangiapane

Foto: https://stop-ttip.org

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