Il mio orto bio: coltivare la melanzana

La melanzana (Solanum melongena L.) appartiene alla famiglia delle Solanaceae.

Proprietà e controindicazioni:

Come carote, cavoletti di Bruxelles, cavolfiore, cetrioli, piselli, patate, pomodori e zucchine, anche le melanzane contengono tutti gli amminoacidi essenziali, presenti altresì nei vegetali a foglia verde (l’uomo deve sintetizzare le proprie proteine dagli amminoacidi che trova nel cibo: non ha bisogno di proteine animali che devono prima essere suddivise in amminoacidi e in seguito ricomposte in proteine umane, con grande spreco di energia, visto che il corpo umano non è provvisto di un sistema per la digestione delle proteine animali, piuttosto di amminoacidi.

Povere di calorie ma ricche di potassio, iodio e ferro, le melanzane stimolano il metabolismo, il fegato e non disturbano le funzioni renali.

Contengono salicilati, l’ingrediente attivo dell’aspirina.

Un test di valutazione della dipendenza da nicotina condotto su 1000 fumatori dai 25 anni di età in su, presso la University of Buffalo ha evidenziato che le melanzane, la frutta e la verdura rendono il sapore del tabacco ripugnante, a differenza di alcol, caffè e carne, così che chi ha il vizio del fumo riesce più facilmente a smettere di fumare o fumare meno frequentemente durante il giorno.

Da limitare l’ingestione se si è fibromialgici perché può scatenare reazioni di intolleranza alimentare con manifestazioni a livello muscolare.

Tecnica colturale:

La melanzana non è facilissima da coltivare, seppure resistente, adattabile ed in grado di fruttificare fino ai primi freddi: richiede terreno ben drenato, soffice e ricco di concime organico, potassio e azoto; indispensabili l’esposizione riparata ma in pieno sole per tutto il giorno e, sebbene sia la più resistente alla siccità delle altre solanacee, necessita di irrigazioni costanti, magari col sistema a goccia, poiché in condizioni di stress idrici i frutti risultano più piccoli e possono acquisire un sapore amaro e piccante. Mai coltivarla su terreni stanchi, evitare il ritorno della stessa coltura sul medesimo terreno prima di quattro anni e, dopo aver eliminato ogni residuo di vegetazione, lavorare in profondità e lasciare che le intemperie e il gelo distruggano le forme ibernanti dei parassiti maggiormente nocivi alla melanzana, soprattutto:

i lepidotteri Heliothis armigera e Spodoptera littoralis,

la dorifora Leptinotarsa decemlineata (sono resistenti le cv “Mostruosa di New York violetta” e Solanum sisymbriifolium. Efficace l’allevamento di tacchini e di faraone, grandi divoratori di doriforae),

l’afide Macrosiphum euphorbiae (consociare con alliacee);

Da trattare con sali rameici:

  •  la fusariosi Fusarium oxysporum,
  • il mal bianco e la muffa grigia (nella fase di fruttificazione quando richiede apporti di acqua costanti bisogna evitare di bagnare le foglie per evitare lo sviluppo di malattie fungine),
  • le verticilliosi Verticillium albo-atrum e Verticillium dahliae (usare piante innestate su Solanum torvum. Estirpare e distruggere le piante malate).

Escludere gli avvicendamenti a pomodoro, peperone e patata attaccate dagli stessi parassiti, come pure cetrioli, zucche, meloni, angurie e cavolfiore che impoveriscono il terreno.

La successione in assoluto più adatta è quella con le leguminose o le Alliacee, mentre le consociazioni migliori sono con carciofi, finocchi e lattughe.

E’ una pianta erbacea che è possibile coltivare in vasi di 25 cm, ha fusto rigido in grado di sostenersi da solo e raggiungere anche il metro e mezzo di altezza se dotata di tutore e se ben curata e irrigata.

Le foglie di aspetto vellutato sono grandi anche 20 cm, quelle basali ingiallite a contatto con il terreno vanno eliminate in quanto impediscono una buona areazione della vegetazione e sono un potenziale veicolo di malattie fungine.

I fiori grandi, solitari, violacei o bianchi, sono autoimpollinanti grazie agli insetti e, come il frutto sono sorretti da un peduncolo spinoso.

I frutti sono bacche grandi, allungate o rotonde, normalmente nere, commestibili dopo la cottura che, comunque, non è in grado di eliminare del tutto l’α-solanina, la solasonina e la solamargina (si degradano completamente a 243 °C), la cui concentrazione pari a circa 10 mg/100 gr di peso fresco è ritenuta accettabile dal FDA us food und drug administration (http://www.accessdata.fda.gov/scripts/plantox/detail.cfm?id=6537).

La buccia sottile è indice di buona idratazione, mentre si presenta raggrinzita in condizioni di carenza idrica; a maturazione il colore viola vira al bruno-ocra, la polpa diventa spugnosa con numerosi semi induriti e non è più adatta al consumo alimentare, ma i semi che produce (5gr\frutto) sono perfetti per la semina (a 25°C) e conservano la germinabilità per tre anni se ben conservati in luogo areato e buio.

La semina diretta in pieno campo, previa letamazione (6 kg letame maturo \mq), dove il clima è caldo, è preferibile perché nelle varie fasi di trapianto l’apice della radice principale fittonante si danneggia facilmente così da non riuscire più a svilupparsi vigorosa a profondità superiori a 90 cm. Inoltre questo metodo di propagazione consente di mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche delle melenzane.

Gli esemplari vanno distanziati di 30-50 cm sulle file e 100 cm. tra le file.

Se la semina avviene in semenzaio, la raccolta si effettuerà già dopo 12-16 settimane dal trapianto con produzioni di circa 30-35 kg ogni 10 mq. La resa media è di circa 25 t/ha.

Generalmente i frutti raggiungono la piena maturazione dopo 3-4 settimane dall’allegagione.

A fine ciclo produttivo sarà bene eliminare le ramificazioni principali per stimolare la pianta all’emissione di nuovi germogli e ringiovanirla, irrigare e consociare con leguminose.

Dott.ssa Agr. Brigida Spataro

FOTO: http://www.ingegnoli.it/media/catalog/product/cache/1/image/9df78eab33525d08d6e5fb8d27136e95/m/e/melanzana475.jpg

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