Un connubio (im)perfetto di condizioni climatiche sfavorevoli, parassiti, inquinamento e concorrenza straniera hanno provocato un calo di produzione e un conseguente aumento dei prezzi di alcuni tra i prodotti più noti della tradizione alimentare.
Un caso emblematico è quello dell’olio di oliva extravergine. Secondo la Coldiretti, le scorte andranno ad esaurirsi già a metà 2017. Il crollo della produzione è stato notevole: – 38 % rispetto ad un anno fa.
Ne consegue un rialzo delle quotazioni su piazza di Bari, la più importante d’Italia, dove ogni settima si assiste ad un continuo e inesorabile aumento dei prezzi (fino al 40%).
Ma è un problema solo italiano? A quanto pare no. In Grecia e Tunisia la produzione è scesa del 20 %. Ecco perchè gli esperti annunciano una vera e propria “carestia in tutta l’area del Mediterraneo” con l’eccezione della Spagna.
Il pericolo? Le contraffazioni. Ma in questo le politiche europee non aiutano il comparto agricolo.
Ecco un esempio:gli eurodeputati della commissione commercio internazionale del Parlamento europeo hanno approvato in data 10/3/2016 (con 500 sì, 107 no, 42 astenuti) il Regolamento che permette l’importazione di 35.000 tonnellate aggiuntive di olio d’oliva tunisino senza dazi nell’Unione europea per il 2016 e il 2017.
A nulla è servita la mobilitazione degli imprenditori dell’intero settore agricolo.
Così aveva commentato il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo: “Il Parlamento Europeo approva una norma assolutamente sbagliata. E impensabile pensare di aumentare di 35 mila tonnellate l’anno, l’ingresso di olio dalla Tunisia a dazio zero proprio nell’anno in cui c’è stato un record di aumento delle importazioni dalla Tunisia. Questa norma non aiuta i produttori tunisini, fa male a quelli italiani e rischia di aumentare le frodi e i danni per i consumatori”.
Occorre ricordare che solo il 20% del prodotto venduto dalle note ditte nazionali è effettivamente di origine italiana e 460mila tonnellate vengono importate, legalmente o di contrabbando, dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente (che non hanno quasi mai gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza essenziali in Italia); inoltre può facilmente essere adulterato e contraffatto e poi corretto con beta-carotene (per mascherare il sapore) e clorofilla (per modificarne il colore); infine, in netto contrasto con quanto dichiarato in etichetta “extravergine made in Italy”, viene venduto ad un prezzo talmente esiguo da non giustificare neanche la copertura dei costi di acquisto delle olive: tutto facilitato dal regolamento europeo che stabilisce che, affinché un olio sia considerato italiano, è sufficiente che venga prodotto con olive spremute in Italia anche se provenienti da coltivazioni estere.
A questo punto il consumatore può difendere il diritto di comperare un olio evo autentico evitando di acquistarlo a prezzi troppo bassi e scegliendo quello che riporta in etichetta, con grande trasparenza e abbondanza di dettagli, l’origine delle olive, il metodo di spremitura, l’utilizzo di cultivar particolari e ben individuate o addirittura la regione di produzione, con simboli di consorzi locali di tutela, o Dop.”, sigla che sta per “denominazione di origine protetta”, qualifica in grado di garantire relativamente alla zona di produzione e di lavorazione del prodotto.
Maggiori sono le informazioni in etichetta, maggiori gli indizi di atteggiamento onesto e trasparente da parte del produttore.
L’ideale è scegliere prodotti da agricoltura biologica dove i disciplinari sono molto rigorosi sia sul metodo di coltivazione delle olive, sia sui metodi di produzione.
Dott.ssa Stefania Mangiapane
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