Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori per la produzione dei prodotti ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia. Il crollo è allarmante: 7,3% per un totale di 100 mila ettari coltivati in meno.
Addio pasta italiana sugli scaffali? Non solo. Il vero rischio è quello di un legittimo abbandono da parte degli agricoltori dei propri terreni e la desertificazione di una fetta essenziale del territorio nazionale.
Ecco qualche dato sulla situazione per la coltura più diffusa in Italia: il grano.
Secondo i dati pubblicati dalla Coldiretti ”La riduzione delle semine che varia dal -11,6 % nel Nord-Est al -5,4% nel Centro mentre nel Sud e Isole si registra un -7,4% che desta molta preoccupazione se si considera che la coltivazione è concentrata prevalentemente nel meridione dove Puglia e Sicilia rappresentano da sole quasi la metà della produzione nazionale”.
Una realtà drammatica, resa ancora più grave dalla recente approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement), perché proprio il Canada rappresenta il primo esportatore di grano duro in Italia.
Tempi molto difficili per le oltre trecentomila aziende agricole che coltivano questo cereale. L’unica soluzione è accellerare il percorso di ratifica ed entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta.
Ma la politica è ancora lontana dai bisogni degli agricoltori e i consumatori sono lontani dal comprendere che sono loro il vero propulsore dell’economia. Ogni singolo acquisto ha un valore fondamentale: compriamo a km zero. Compriamo prodotti biologici italiani.
Stefania Mangiapane
Foto:http://oggi8.blogspot.it/2013/05/dalla-spiga-al-pane-filiera-corta-pane.html