A pochi giorni dall’introduzione dell’obbligo di usare i soli sacchetti biodegradabili a pagamento per pesare sia l’ortofrutta che qualsiasi merce sfusa, vogliamo affrontare un argomento che molti sottovalutano: il racket dei sacchetti biodegradabili.
Qualche mese fa, nel corso della campagna condotta dai Carabinieri del Comando per la Tutela dell’Ambiente, sono state sequestrate 89 tonnellate di shoppers da asporto monouso difformi dalla norma UNI EN13432 o contraffatte con segni falsi.
Ecco un dato allarmante emerso dalle numerose indagini eseguire in tutta Italia: circa la metà dei sacchetti tuttora in circolazione sono illegali.
Un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica e una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale.
Si tratta di un’economia illegale ancora molto florida che si alimenta a danno di chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore.
La legge italiana vieta dal 2012 la commercializzazione di sacchetti monouso che non siano biodegradabili e compostabili.
I sacchetti “usa e getta” ammessi alla vendita devono avere la scritta “biodegradabile e compostabile”, con la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002” e il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi).
Ma c’è una start-up nata per la rivendita di prodotti ecologici e compostabili (dai bioshopper ai prodotti per l’agricoltura a quelli usa e getta per la ristorazione) che vuole sovvertire il sistema illegale della produzione dei sacchetti.
Si chiama Cooperativa Ventuno e nasce dall’impegno di Gennaro Del Prete e Massimiliano Noviell, soci “accomunati dalla morte dei rispettivi padri uccisi dalla camorra perché volevano un’Italia libera dalle illegalità: Federico Del Prete, sindacalista degli ambulanti, nel 2002 aveva denunciato il racket delle buste di plastica alla fiera settimanale di Mondragone facendo arrestare un vigile urbano, ucciso il 18 febbraio 2002.
Il giorno dopo doveva testimoniare nel processo a cui lui stesso aveva dato impulso. Stessa sorte per l’imprenditore Domenico Noviello, che nel 2008 era riuscito a far arrestare e condannare gli emissari del clan dei Casalesi. Ma la loro morte non è stata vana, perché il loro coraggio e la voglia di una società civile fondata sulla legalità e sul lavoro onesto continua oggi a vivere nella cooperativa sociale fondata dai figli “.
La busta giusta rispetta tutte le regole dello standard EN 13432.
Prima di leggere questo articolo, forse, non avevi mai pensato che acquistando la busta “sbagliata” finanzi inconsapevolmente la criminalità organizzata e distruggi l’ambiente.
Ora che lo sai, scegli consapevolmente. Il consumatore è il vero propulsore dell’economia.
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A cura di Stefania Mangiapane
Fonte: http://www.coopventuno.it/
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